“Mangia la verdura!” diceva la nonna. “Pensa ai bambini che muoiono di fame!” Il telegiornale mostrava bimbi affamati e io mi sentivo in colpa per il mio piatto pieno di cibo. Ma la sofferenza più difficile da digerire era quella che vedevo in famiglia: intelligenti e con la pancia piena, che scusa avevamo noi per la nostra insoddisfazione? E come potevo aiutare persone simili? Per molti anni il coaching non ha fatto parte della risposta. Studiavo psicologia transazionale, psicosintesi, gestione del disaccordo, intelligenza emotiva, comunicazione non verbale. Ma avevo pregiudizi sul coaching: lo associavo ai motivatori all’americana e alle camminate sui carboni ardenti! Col tempo vivere e studiare a Oxford mi ha fatto cambiare idea: lì il coaching viene offerto a gli studenti fin dal 1830. A proposito, sono laureato all’Università di Oxford, certificato in psicologia transazionale a Kegworth, master in executive coaching. Sono certificato anche in Mindful Self Compassion (resilienza emotiva), in codifica scientifica dell’espressioni facciali (microespressioni emotive), in Educazione Transpersonale (psicosintesi) e in Gestione del Tempo (metodo GTD).
Nel 2006 una settimana di volontariato con un coach professionista inglese mi fece capire come questo lavoro si possa fare con serietà e grandi risultati per i clienti. E così nel 2010 ho lasciato un lavoro sicuro, interessante e ben remunerato come Partner Manager della (adesso) defunta BlackBerry per seguire la mia passione per il coaching. Col tempo si è rivelata una delle decisioni migliori della mia vita. I miei clienti sono manager e dirigenti che vogliono superare un periodo complicato e raggiungere obiettivi importanti. Sono specializzato in career coaching per manager. Che altro? Mi diverto a scrivere canzoni e a giocare (male) a beach volley.